Descrizione
Cicerone (106-43 a.C.)
(Philipp., II, 41, 105-106): Per salutarti venivano da Cassino, Aquino, Interamna; ma nessuno fu ricevuto; e per la verità a ragione, perché le insegne della dignità (consolare) si svilivano in quell’uomo infame. Quando poi, nel tornare a Roma, giunse presso Aquino, visto che è un municipio molto popoloso, gli si fece incontro una grande folla. Ma costui attraversò la città in lettiga chiusa, come un morto. Stolti Aquinati! ma almeno abitavano lungo la via.
(Ad Familiares, XIII, 76 [CCCCXIX] e IX, 24 [CCCXLIV]): [Circa 63 a. C.] Marco Cicerone saluta i Quattroviri e i Decurioni [di Aquino?]…Vi prego cordialmente, come segno di reverenza nei miei riguardi, di usare la massima gentilezza verso Caio Valgio Ippiano e di arrivare ad un accordo con lui affinché i beni comprati da voi che possiede nel territorio di Fregelle possano rimanere liberi e immuni da gravami.
[inizio febbraio 43 a. C.] Cicerone saluta Peto… Dunque voglio farti sapere, caro Peto, che i primi segnali di sospetto, di prudenza e di vigilanza mi vennero dalla tua lettera; alla quale lettera seguirono poi altre concordanti con la tua. Infatti ad Aquino e a Fabrateria si tennero quei complotti di cui avesti percezione: e, come se prevedessero quale grave pericolo fossi per loro, non pensarono altro che di sopprimermi.
Orazio (65-8 a. C.)
(Epistulae, I, 10, 27-30): Chi scaltro non sa riconoscere dalla porpora di Sidonio la lana imbevuta del color rosso di Aquino, non subirà danno più sicuro e più consono al suo cuore di chi non saprà distinguere il falso dal vero.
(Liber coloniarum, p. 229): .Aquino: colonia circondata da mura, dedotta dai Triumviri; al popolo è dovuto un passaggio di 30 piedi; il suo territorio è stato assegnato con confini perpetui.
Livio (59 a. C.-17 d. C.)
(Ab Urbe condita, XXVI, 9, 3): Annibale, il giorno in cui aveva varcato il Volturno, pose il campo non lontano dal fiume; il giorno seguente giunse oltre Cales nel territorio Sidicino. Ivi fermatosi un giorno a saccheggiare, condusse l’esercito lungo la via Latina attraverso il territorio di Sessa, di Alife e di Cassino. Sotto Cassino si fermò due giorni saccheggiando da per tutto. Quindi, passate Interamna e Aquino, giunse nel territorio di Fregelle presso il fiume Liri, dove trovò il ponte tagliato da Fregellani per ritardarne la marcia.
Plinio IL VECCHIO (23-79 d. C.)
(Naturalis Historia, III, 62-63): Questa regione [Regione I: Lazio e Campania], a partire dal Tevere, è la prima dell’Italia secondo la divisione di Augusto. All’interno vi sono le colonie di Capua… Aquino, Sessa, Venafro, Sora…; e le città di Avellino… Atina… Arpino… Cassino… Cereate denominata Mariana [Casamari]… Fabrateria Vecchia, Fabrateria Nova… Fregelle… Interamna detta Sucasina e Lirinate… Veroli…
Silio (26-101 d. C.)
(Punica, VIII, 399-403 e IX, 528-530): L’Arpinate, che dalle sponde del Liri che mesce le solfuree acque con il Fibreno e si versa taciturno nel mare, aveva chiamato alle armi e raccolto il più bel fiore di Venafro e Larino, ed aveva lasciato Aquino, città poderosa, senza uomini.
Il nemico passa quindi, devastando le campagne di Alife splendenti del sorriso di Bacco, per le contrade ove dimorano le ninfe Cassine; quindi celermente per Aquino e Fregelle che nasconde nel suo grembo il gigante fumoso.
Tacito (55-120 d. C. circa)
(Historiae, I, 88 e II, 63): In quei giorni Cornelio Dolabella fu relegato nella colonia di Aquino, senza rigida sorveglianza né celata: nessuna accusa, ma perché designato per l’antico nome e per la parentela con Galba.Ma Vitellio, per l’arrivo del fratello e per l’insinuarsi nel suo animo di dispotici consiglieri, divenuto più superbo e spietato, ordinò di uccidere Dolabella, relegato da Otone nella colonia di Aquino, come ho già riferito. Dolabella, saputo della morte di Otone, era rientrato a Roma…
Giovenale (55-135 d. C.)
(Saturae, III, 318-322): Ormai il cocchiere già mi fa segno agitando la frusta. Addio dunque, ricordati di me; e tutte le volte che Roma ti restituirà alla tua Aquino, desideroso di rimetterti in forze, richiama anche me da Cuma a visitare la Cerere Elvina e la vostra Diana. Allora verrò con i miei scarponi in quelle gelide campagne ad ascoltare le tue satire, se esse non si vergognano di me.
Strabone (circa 64 a. C.-circa 24 d. C.)
(Geographica, V, 3, 9): Proseguendo oltre, la via Latina passa per città e luoghi di residenza ben noti, come Ferentino, Frosinone, presso la quale scorre il fiume Cosa, Fabrateria, nei cui pressi scorre il Sacco, Aquino, grande città presso la quale scorre il grande fiume Melfa, Interamna, situata tra due fiumi, il Liri e un altro, Cassino, anche essa importante, ultima città dei Latini.
AQUINO NELLE CRONACHE ALTOMEDIEVALI
Chronica sancti Benedicti casinensis, 14:
In quel tempo il gastaldo Rodoaldo costruì un castello nel villaggio di Aquino presso il Ponte Curvo. Ciò fatto si sottrasse dalla signoria dei Capuani; e per questo egli era fortemente oppresso dai Capuani. In questi giorni Magenolfo, di cui dicemmo poco sopra, si recava in Francia per chiedere al glorioso imperatore in quale luogo potesse vivere e abitare. Rodoaldo gli mandò come incaricato un tal prete Orso per convincerlo a tornare indietro e a trattenersi nella sua residenza per aiutarlo contro quelli che lo perseguitavano. Allora Magenolfo, interrotto il viaggio, si recò a Ponte Curvo. Non molto tempo dopo partì per Salerno, e presa la moglie, con tutte le suppellettili e con i servi, ritornò al castello. Ma non rimase a lungo nascosto il segreto dell’iniquità. Così un giorno con i suoi prese Rodoaldo e lo cacciò in prigione, gettò nella torre anche i due suoi figli e si prese tutti i suoi averi, il tesoro, il patrimonio, gli schiavi, i servi, gli abitanti, il castello, il villaggio e ogni cosa sottomise a sé. Insegnò ai rozzi e indisciplinati abitanti, che vi trovò, ad essere espertissimi delle usanze di palazzo; e quelli che prima non contavano che solo cipolle e aglio, ora i principali di essi vengono considerati per il censo in denaro e sono persino chiamati al servizio militare nell’esercito. Mentre Rodoaldo a stento fu liberato dai monaci e dal venerabile abate Bertario, facendosi monaco del beato Benedetto. Come dice Esopo, maestro delle favole, “Ciò subisca chi abbia introdotto in casa sua uno più forte!”.
Chronicon salernitanum, 161-168:
Per la verità in quel tempo il castello di Aquino si ribellò a Landolfo, suo principe, e naturalmente con la forza non voleva più sottostare al suo potere. Un Capuano, di nome Atenolfo, li capeggiava, e con gli stessi era insorto contro il suo principe. Ma quando il principe Landolfo lo seppe con sicura certezza, subito mandò [un messo] a Salerno, affinché il principe Gisulfo venisse con il suo potente esercito e lo aiutasse in ogni modo a sottomettere al suo potere il predetto castello. Quando fu fatta la richiesta al clementissimo principe Gisulfo, questi, che era coraggioso, ordinò di riunire subito l’esercito, e senza indugio si mise in viaggio con i suoi e raggiunse Capua; quindi venne in territorio di Aquino e là cominciò ad assediare il castello.
Il principe Landolfo, del quale si è parlato sopra, si dava da fare in tutti i modi per riportare con la forza il castello in suo potere; ma, naturalmente, non gli fu concesso da Dio: nonostante già lo assediasse con diverse macchine da guerra, il tentativo rimaneva senza esito. Ma ora, perciò, combattendo ambedue gli eserciti con ogni sforzo, il castello continuava a restare illeso. Un Salernitano, di nome Sichelmanno, che era nato nella città di Acerno ed era abile nel lavorare il legno, di nascosto disse a uno dei vicini: “Vorrei proprio conoscere la volontà del principe, mio signore, se desidera o no che prendiamo questo castello?”. E quello subito gli rispose: “è certo, se potessimo prenderlo, che lo stesso nostro signore avrebbe di poi un grande piacere”. Quello ag-giunse: “Vorrei, se ne sono degno, sentirlo con le orecchie dalla sua bocca”. E quello disse: “Ti condurrò io alla sua presenza”. Quello con cui parlava Sichelmanno si chiamava Pietro ed era un chierico, un eccellente medico e molto caro allo stesso principe, il quale, in seguito, lo nominò vescovo di questa sede salernitana; del quale, se la vita mi sarà compagna, parlerò più diffusamente in seguito.
Quando Sichelmanno fu alla presenza del principe Gisulfo pronunciò tali parole: “Mio principe, vuoi che prendiamo questo castello?”. E il principe: “Per questo sono venuto qua, cioè affinché lo prendiamo”. E quindi subito uscì e co-struì una macchina di notevole grandezza, che noi chiamiamo pietraia, e immediatamente i Salernitani presero ad assaltare il castello con tutte le forze e con ogni mezzo, e così con forza fu abbattuto il muro di quel castello. Appena Atenolfo e quelli che erano con lui se ne accorsero, essendo anche morti alquanti di loro, subito chiesero perdono al piissimo principe. Il gloriosissimo principe accolse le loro preghiere e pregò quindi con insistenza il principe Landolfo affinché accordasse il suo perdono. Questi acconsentì al suo desiderio e condonò la sua colpa; perciò permise che Atenolfo andasse illeso a Gaeta con sua moglie, con i suoi figli e con i suoi servi.